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Cuciniamo con

Carciofi in tegame alla romana

E' come ‘n’anticammera amorosa... ma senza la mentuccia è n'antra cosa!

Dedichiamo questa ricetta ad un piatto principe della cucina romanesca. Una interessante tecnica  di cottura che esalta il sapore del carciofo secondo la rigorosa tradizione capitolina, e ingredienti  pochi ma essenziali tra i quali soprattutto la insostituibile mentuccia. Senza questa, cambiate ricetta: non sarà la stessa cosa...


Tempo di cottura: 20 minuti

Porzioni: 4

Ingredienti: carciofi col loro gambo, 1 o più a persona; mentuccia di campo possibilmente fresca; aglio a piacere; sale fino quanto basta; pepe nero di mulinello qb; olio extravergine di olive in dose generosa

Occorrente: carta-paglia o sacchetti del pane; tegame largo, basso e dal fondo spesso; coperchio

Fase 1

Puliamo i nostri carciofi come ben spiegato nella sezione "Le tecniche: puliamo i carciofi" di Cuciniamo insieme.it

Ricordiamo: sceglieteli turgidi, freschi e soprattutto col gambo, che debitamente pulito dalle foglie e "sfilato" dalla "corteccia" ci darà quella prelibatezza che è il suo cuore. Col cuore dei gambi di carciofo potremo fare risotti, vellutate, o farli finire in pentola insieme ai carciofi, e sinceramente a casa mia ce li contendiamo…

Non è ancora il periodo dei carciofi romaneschi, anche perché possiamo dire che la stagione di questo ortaggio è appena agli inizi. Ma troviamo quelli violetti spinosi (i migliori, secondo il nostro palato), e sono quelli che abbiamo usato noi. In mancanza, qualsiasi tipo di carciofo va bene.

Violetti spinosi: una delle varietà più buone di carciofo

Fase 2

Laviamo e facciamo asciugare un bel mazzetto di mentuccia. Sfogliamolo rcuperando le foglioline e le cimette più tenere. Certo in questo periodo non sarà bellissima perché avrà sofferto dei primi freddi, specie se l'avremo raccolta in campagna (lontano da fonti di smog), ma quel che conta è il suo profumo. Mettiamola sul tagliere, aggiungiamo aglio a piacere, tagliato sommariamente, e trituriamo il tutto con la mezzaluna o a coltello (per le erbe aromatiche ideale sarebbe una lama in ceramica…).

Fatto questo e puliti i carciofi, uno a uno procediamo così: sgrondiamoli dall'acqua battendoli con delicatezza. Allarghiamo le "foglie" (brattee) arrivando al cuore. Saliamo, pepiamo ed aggiungiamo una piccola presa del trito di aglio e di mentuccia. Stringiamo per richiudere le brattee.

aggiungiamo una piccola presa del trito di mentuccia e richiudiamo le brattee…

Fase 3

In un tegame capace e dal fondo spesso versiamo abbondante olio buono. Facciamolo scaldare e sistemiamo i carciofi; al centro mettiamo i gambi. Un niente di sale e di pepe qua e là, e facciamoli ammorbidire per qualche minuto girandoli e rigirandoli. Aggiungiamo un dito di acqua calda.

Ora il punto focale di questo metodo, che mi insegnò un mio zio fortunato proprietario di una trattoria di cucina tipica romana. La carta-paglia. Creerà una sorta di cappa mantenendo l'umidità al suo interno: questo oltre a mantenere il sapore dei vegetali, contribuirà ad evitare che attacchino al fondo bruciando, cosa che accade di sovente in quanto assorbono molta acqua in cottura.

Aggiungiamo un dito di acqua calda

Fase 4

Quindi prendiamo la carta-paglia, bagniamola e copriamo i carciofi bene anche ai lati. Al di sopra di tutto poniamone un altro foglio che strabordi dal tegame, e su questo poniamo il coperchio. Una ventina di minuti di attesa a fuoco dolce e i nostri carciofi saranno perfettamente cotti. Se li lasciate per più tempo controllate che il liquido non sia asciugato ed aggiungete ancora poca acqua calda se necessario.

Ora non resterà che togliere coperchio e carta (attenzione alla fuoriuscita di vapore bollente), e servire i nostri profumatissimi carciofi col loro sughetto di cottura, che faremo ridurre se troppo liquido. E ricordate che sono buonissimi anche freddi e soprattutto il giorno dopo.

Trascorsi una ventina di minuti solleviamo il coperchio (attenti al vapore)

Note

– Se non disponete della carta-paglia quella vera, procedete alla cottura aggiungendo poca acqua calda per volta e controllando spesso che non attacchino. Cuocerli a pentola incoperchiata e a fuoco dolce.

– Qualche regola: soprattutto: niente limone per favore. Primo: altera il sapore dei carciofi. Secondo: otterrete lo stesso risultato immergendoli in acqua fresca man mano che li pulite, con l'accortezza di metterli poi subito a cuocere. Non ci scorderemo mai di ricordare che l'uso del limone come "arma impropria" per uccidere il gusto dei carciofi è retaggio di chi li vende già puliti, avendo la necessità di conservarli a lungo sui banchi del mercato senza che anneriscano. Chi li pulisce da sé e li cucina subito, può tranquillamente evitarlo

– Quando cuocete i carciofi attenti sempre al livello dei liquidi. Ne assorbono in gran quantità e solo un controllo frequente durante la cottura evita che brucino. Vedete bene che chi in tempi molto remoti escogitò il sistema della carta-paglia, ne ebbe ben donde…

Curiosità: il carciofo, un cardo dai mille volti

Un tipo di cardo, dicevamo, dai mille volti perché in cucina (e non solo), trova mille impieghi: cominciando da crudo in insalata, lo ritroviamo nei nostri piatti fritto, bollito, sott'olio, arrostito, ripieno, in frittata, nei risotti, in pinzimonio, nei liquori, nei sughi, nei timballi e perfino sulla pizza! Ghiotto, salutare, pieno di sapore, romanesco, violetto spinoso, sardo, siciliano, ligure (solo per citare alcune delle varietà), possiamo acquistarlo per gran parte dell'anno: dai primi freddi autunnali ai primi caldi primaverili. Vogliamo conoscerlo più da vicino?

Dopo l’acqua la componente principale dei carciofi sono i carboidrati, mentre i principali minerali sono il sodio, il potassio, il calcio e il fosforo. Tra le vitamine prevale invece la presenza di B1, B3 e piccole quantità di C.

Il loro basso contenuto calorico li rende particolarmente indicati nelle diete dimagranti, mentre in fitoterapia vengono impiegati nel trattamento dei disturbi funzionali del fegato, della cistifellea e nella sindrome dell’intestino irritabile.

"Documentazioni storiche, linguistiche e molecolari sembrano indicare che la domesticazione del carciofo (Cynara scolymus) dal suo progenitore selvatico (Cynara Cardunculus) possa essere avvenuta in Sicilia, a partire dal I secolo circa. Proprio in orti familiari della Sicilia centro-occidentale (nei dintorni di Mazzarino), ancora oggi si conserva un’antica cultivar che, sotto il profilo morfo-biologico e molecolare, sembrerebbe una forma di transizione tra il cardo selvatico ed alcune delle varietà di carciofo di più ampia diffusione". (Tratto da Wikipedia)

I "segreti" del mestiere: quando il gambo fa la differenza

Quando compriamo i carciofi, specialmente quelli romaneschi dei quali sono apprezzati i “cimaroli”, cioè gli esemplari più grandi e belli che crescono i cima alle piante, occhio al gambo. Di ogni pianta il carciofo in cima è da sempre il più apprezzato, e per questo costa più caro. Occhio dunque ai venditori poco onesti che spacciano per cimarolo quel che non è: questo cresce col gambo ben diritto al centro della pianta, e quelli sottostanti seppur belli, per farsi spazio per forza dovranno avere il gambo curvato, dunque un costo di gran lunga minore…

Per il piacere di saperlo: la carta-paglia

Una volta, prima ancora che nella sporta o nel sacchetto di plastica, tutti gli alimenti acquistati sfusi venivano messi nelle buste di carta. Carta-paglia: un materiale spesso, naturale ed altamente assorbente. Chi ha qualche anno alle spalle ricorda ancora quella bellissima carta blu nella quale veniva avvolta la pasta, quando ancora veniva venduta "sciolta" e non confezionata. Erano pure i tempi delle sigarette sfuse, così come lo zucchero, e la farina. Erano i tempi del dopoguerra… altri tempi. E anche quella, blu, era carta-paglia.

Con questo materiale le nostre nonne impararono a fare tante cose, non ultimo l'utilizzo in cucina: in fondo era carta alimentare e pulita. Bastava conservarla ben piegata e tirarla fuori alla bisogna. Ed io, anche se le cose sono un po' cambiate, lo faccio ancora oggi, memore dei gesti di mia madre, e di mia nonna prima di lei. Certo, ormai è una rarità, ed al mercato, piuttosto che dal panettiere o dal verduraio le buste che vengono usate sono impermeabili ai liquidi, il che limita, se non inibisce quasi completamente, il loro potere assorbente.

Oggi al posto della carta-paglia usiamo certi tipi di carta da cucina, che siamo costretti a comprare. Così come se vogliamo, in commercio troviamo anche lastessa carta-paglia, a suon di Euro.

Per conto mio, continuo a conservare e ad usare questi sacchetti "del pane" almeno per una prima sgrondatura dall'olio in caso di qualsivoglia tipo di frittura. Oppure debitamente aperto e posto su di un piatto, per poggiarvi una frittata (sempre per liberarla dell'olio in eccesso) prima di disporla sul piatto da portata. Oppure sempre aperto su un contenitore, versandovi del pangrattato o della farina, per impanare od infarinare fettine o polpette di carne. Insomma ingegniamoci e ne faremo mille utilizzi (addirittura appallottolati, nelle scarpe prima di riporle in mancanza del classico giornale): sono gratis e li abbiamo in casa, perché buttarli?

Un paio di esempi di utilizzo in frittura: carta paglia comprata, nella ricetta "Carciofi alla giudia: antica dal ghetto di Roma", e sacchetto riciclato nella "Frittura di occhio di canna".

Altri modi di gustare questi meravigliosi vegetali come da Cuciniamo insieme.it (cliccate su ogni voce):

Focus su… menta e mentuccia: in cucina sì che fa la differenza!

Questo spazio lo dedichiamo a chi confonde ancora la menta romana con la mentuccia. Pur trattandosi di due aromatiche che trovano uno specifico impiego in cucina, soprattutto in quella romanesca, sono due distintissime varietà non della stessa specie come si pensa: una appartenente al genere Mentha (quella romana), l'altra, più piccola, al genere Calamintha.

Distinguerle non è solo questione di occhio, ma anche di… naso! Il loro aroma e il profumo sono infatti completamente differenti e inconfondibili. Vediamo come le impiegano in prevalenza, a Roma e in tutto il Lazio…

Mentuccia: assolutamente insostituibile nei carciofi alla romana, nelle lumache alla romanesca, quelle che si gustano da secoli nella notte di San Giovanni, immerse in un buon sugo a base di pomodoro, aglio, peperoncino, un altro ingrediente che non vi svelo, e tanta mentuccia. E anche nelle frittatine primaverili che si servono, tra le altre buone cose, per la colazione di Pasqua. Una curiosità: queste piccole frittate erano dette "Sante" perché si credeva che la mentuccia fosse stata la prima cosa che la Madonna avesse mangiato dopo il digiuno seguito alla Crocifissione di Cristo. Una volta la si coglieva il sabato Santo e foglioline di quest'erba si ponevano in un piatto accanto alle uova. Il tutto veniva poi benedetto durante la benedizione pasquale, e se ne facevano per l'appunto piccole frittatine per la colazione di festa.

Inoltre nell'alto Lazio e nella Maremma laziale invece la troviamo nelle zuppe a base di funghi, nello spezzatino d'agnello coi carciofi, nell'acquacotta della Tuscia, nella zuppa di pomodori e mentuccia.

È una pianta erbacea perenne (Calamintha nepeta o Satureja nepeta), nota anche nelle sue varietà coi nomi dialettali di nepetella (dalle foglie lisce, mentre quelle della mentuccia comune sono ricoperte di una leggerissima peluria vellutata, e più carnose), nepitella, erba da funghi, poleggio selvatico, erba nuela, menta salvadega, sombris, calameinta, erba bona, nepeyeja, mentascina, nipitedda e nebitedda.

In Italia è presente su tutto il territorio, dalle zone costiere fino alle regioni submontane, dove è diffusa spontaneamente nei terreni aridi incolti, lungo le strade e vicino ai muri. La sua identificazione risulta facilitata dal fatto che dove è presente emana un profumo caratteristico, molto intenso e gradevole. Può essere coltivata anche in vaso e sui balconi. Si raccoglie da maggio a ottobre.

Menta romana: Mentha Spicata; anche questa è una pianta erbacea perenne. Di probabile origine euro-asiatica, la si trova naturalizzata in tutti i continenti. Cresce in luoghi incolti e nei prati. È una varietà di menta molto gradevole, con foglie tondeggianti e allungate, leggermente carnose, e aroma persistente di menta eppure delicato, senza la componente selvatica di altre varietà.

In cucina trova svariati utilizzi, specie nelle ricette moderne e nelle rivisitazioni, in accostamenti anche azzardati ma molto spesso gradevoli. Oppure in quella zuppa fredda spagnola ormai diffusa anche in Italia che è il Gazpacho alla menta.

Anche questa è una pianta di tipo infestante che possiamo tranquillamente coltivare sul nostro balcone. Anzi, piantata in un angolo del terrazzo o del giardino accanto a del rosmarino, insieme a tempo debito ci doneranno una bella fioritura azzurro-violacea, per la serie: anche l'occhio vuole la sua parte…

Ma restando nella rigorosa tipicità romanesco-laziale, il piatto per antonomasia in cui trova impiego secolare è con la trippa, rigorosamente alla romana, dove ben si sposa con la grattugiata finale di formaggio pecorino dell'Agro, come tradizione vuole…

Entrambe queste aromatiche le troviamo fresche anche nei supermercati. Le troviamo anche commercializzate secche nei barattolini, ma certo non sprigioneranno lo stesso aroma del prodotto appena raccolto… E già che ci siamo, ricordiamo che l'unica erba aromatica mediterranea che rende il massimo del suo profumo da secca è l'origano…

Cosa beviamo

Coi carciofi, si sa, l'abbinamento col vino non è semplice. Per questo consigliamo acqua. Ma chi vuole può accompagnarli con un Colli della Sabina bianco, vino o spumante.

Massime, citazioni, detti, proverbi e aforismi

"'A carcioffola s'ammonna fronna a ffronna…" (Antico detto popolare campano)

"Il carciofo si monda foglia a foglia…", dove foglia sta per brattea, e sta ad indicare il fatto che ogni cosa vuole il suo tempo per essere ben fatta, così come il carciofo, che per essere ben "capato" deve essere sfogliato brattea dopo brattea fino ad arrivare al cuore…

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