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Cuciniamo con

Tradizioni: paccheri, alici e finocchietto selvatico

Dalla Sicilia antica alla rivisitazione sciuè sciuè il passo è breve, e appetitoso...

Da un "classicissimo" della cucina antica della bella Sicilia, e cioè la "Pasta con le sarde" una rivisitazione da pasto quotidiano o da festività di magro, veloce da preparare ma con occhio attento al gusto per le cose sane e buone, ed alla tradizione: per chi si ama...


Tempo di cottura: 20 minuti

Porzioni: 4

Ingredienti: paccheri, 360-400 g; alici pulite 400 g; finocchietto selvatico 1 mazzetto; pomodorini tipo datterino 400g; pasta d’acciughe 1 cucchiaino (o equivalenti alici dissalate); prezzemolo fresco tritato a piacere; aglio 1-2 spicchi; peperoncino a piacere; olio extravergine di oliva quanto basta; sale qb

Fase 1

Alici freschissime. Puliamole come spiegato nella nostra sezione “Le tecniche: puliamo le alici fresche”. Eliminiamo anche la codina e separiamo i due filetti. Laviamole e scoliamole. Sfrondiamo il finocchietto lavato separandolo dagli steli più duri. tagliamolo solo sommariamente. Tagliamo i pomodorini e tritiamo il prezzemolo.

Alici… puliamole, dilischiamole e spiniamole

Fase 2

Facciamo imbiondire l’aglio in una padella capiente. Allontaniamo dalla fiamma, e facciamo sciogliere la pasta d’acciughe o quelle dissalate e sfilettate nell’olio caldo ma non bollente, mescolando

Fuori dal fuoco aggiungiamo la pasta d’acciughe in olio non bollente

Fase 3

Rimettiamo la padella sul fuoco. Non appena l’olio torna a temperatura aggiungiamo i pomodorini, il sale, un goccino d’acqua e facciamoli appassire a fuoco vivo schiacciandoli con un forchettone di legno

Saltiamo a fuoco vivo con l’aggiunta di sale e di un goccio d’acqua

Fase 4

Dopo qualche minuto ancora un poco d’acqua, mezzo mestolo, ed aggiungiamo: alici, finocchietto, prezzemolo, peperoncino. Solo un paio di minuti di cottura a fuoco vivo saltando o agitando la padella senza rompere con la forchetta. Spegniamo. Eliminiamo l’aglio.

Versiamo la pasta che avremo cotto al dente (solo un caso che i nostri paccheri siano tricolore, bianchi, rossi grazie al pomodoro, e verdi grazie agli spinaci. Ancora un nonnulla di acqua di cottura della pasta, e saltiamo il tutto fino al giusto assorbimento del sughetto. A fuoco vivo basta un minuto o due.

Impiattiamo. Decoriamo con un ciuffo di prezzemolo, ancora del finocchietto qua e là e portiamo in tavola: sapori antichi, mediterranei, italiani. Con amore, dalla Sicilia del passato ai giorni nostri, il passo è breve e appetitoso…

Dalla tradizione siciliana, vedi anche la rivisitazione veloce “Pasta, zucchine e muddica atturrata”.

Saltiamo o scuotiamo a fuoco vivo; un paio di minuti…

Note

Insaporite l’acqua della pasta mettendo a freddo i gambi più duri del finocchietto che avrete scartato. Toglieteli quando avrà preso il bollore, prima di calare i paccheri.

Preferite il finocchietto veramente selvatico a quello coltivato, se avete modo di procurarvelo o di raccoglierne. Il suo aroma è di gran lunga più intenso. Ma regolatevi e nel caso usatene meno, ma si deve sentire.

L’idea in più

La vostra pasta sarà più simile alla ricetta originale, se aggiungerete anche una manciatina di pinoli.

Curiosità il finocchietto selvatico

Il Foeniculum vulgare è un pianta mediterranea conosciuta per le sue proprietà aromatiche fin dall’antichità. ed il suo aroma particolare è dato dall’anetolo. Proprietà: è emmenagogo, diuretico, carminativo, antiemetico, aromatico, antispasmodico, antinfiammatorio, tonico epatico. È utilizzato per chi ha difficoltà digestive, aerofagia, vomito e nell’allattamento per ridurre le coliche d’aria nei bambini. È noto infatti che una tisana fatta con i semi di questa pianta sia molto efficace nel trattamento di gonfiori addominali da aerofagia. Inoltre combatte i processi fermentativi dell’intestino crasso, e quindi diminuisce il gas intestinale. Dunque può essere utile per ridurre la componente dolorosa della sindrome da colon irritabile. Sconsigliabile però consumarlo in dosi troppo elevate.

In cucina: del finocchietto selvatico, chiamato in cucina anche “finocchina” o “finocchietto”, si usano sia i fiori freschi o essiccati, sia i frutti o “diacheni”, impropriamente chiamati “semi”, che sono più o meno dolci, pepati o amari, a seconda della varietà, sia le foglie (o “barba”), sia i rametti più o meno grandi utilizzati nelle Marche per cucinare i bombetti (lumachine di mare); le foglie si usano fresche e sminuzzate per insaporire minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi: nella “pasta con le sarde”, le foglie del finocchio selvatico sono uno degli ingredienti essenziali.

I fiori si usano per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale (in particolare la “porchetta” dell’Alto Lazio). I cosiddetti “semi” si usano soprattutto per aromatizzare tarallini (Puglia), ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane. Fanno inoltre parte della ricetta di un biscotto tipico del Piemonte, il finocchino. Inoltre è in uso nelle regioni costiere del Tirreno un “liquore di finocchietto”, per il quale si utilizzano i fiori freschi e/o i “semi” e le foglie. (Tratto da Wikipedia)

Cosa beviamo

Erice bianco doc, o Mamertino Grillo Ansonica doc, o Breganze bianco.

Massime, citazioni, detti, proverbi e aforismi

“Ci dissi lu finocchiu a lu babbaluciu: siddu nun vìu a ttia mancu mi cociu…” (antico proverbio popolare siciliano, i particolare del trapanese)

“Disse il finocchio alla lumaca: se non ti vedo nemmeno mi cuocio…”. Quando nei tempi antichi era la vita contadina a scandire l’esistenza dei siciliani d’entroterra, veniva considerata una vera prelibatezza una minestra a base di lumache e finocchietto selvatico: due ingredienti essenziali inscindibili che solo se cotti insieme davano il giusto sapore al piatto. Da questa atavica usanza l’insegnamento a non separare mai ciò che disunito non avrebbe motivo di essere cotto…

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