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Cuciniamo con

Antica. Mostarda Toscana di mosto, cedro, mele e pere

Con radici fin nel Trecento: a torto, la più dimenticata fra le mostarde...

Artusi docet. Come ogni mostarda italiana, anche la Mostarda Toscana ha origini molto antiche. La sua storia risale addirittura al Cinquecento, dunque siamo nell'Alto Medioevo, ma se ne trova traccia fin dal Trecento. Tra le tante mostarde di frutta italiane, quella Toscana (ormai quasi dimenticata a favore delle più note come la cremonese, la mantovana, la veneta di sole mele cotogne o quella di Voghera), rientra fra quelle il cui ingrediente principale è il mosto d'uva: possiamo dunque accostarla a quella piemontese, carpigiana e a quelle del sud d'Italia nelle quali l’unica frutta è l’uva, come nella calabrese (mosto d’uva, farina e cioccolata), nella siciliana (budino di mosto cotto e amido) e nella pugliese (dolce di uva cotta, passata al setaccio e cotta nuovamente). Sposiamo questa Mostarda Toscana -realizzata così come il noto scrittore, gastronomo e critico letterario italiano Pellegrino Artusi ce la propone nel suo libro "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene" (edito nel 1891)- a carni lesse o arrosto, di suino o rosse, o a formaggi o cacciagione. Oppure, sganciandoci dagli abbinamenti della tradizione guardiamo ad accostamenti più innovativi, e proviamola come alternativa nelle paste o crespelle ripiene, o su carpacci e tartare, di carne o pesce, o laddove ci spingono gusto e fantasia...


Tempo di cottura: variabile, oltre le due ore

Ingredienti: uva bianca, 1 kg solo gli acini – uva nera, 1 kg solo gli acini – mele renette, 1 kg mondate – pere, 500 g mondate – Vin Santo, 240 g, + mezzo bicchiere per sciogliere la polvere di senape – cedro candito, 120 g – Senape in polvere, 40 g – Cannella in polvere, quanto basta

Occorrente: barattolini con tappo ermetico sterilizzati. Pentola in acciaio dal fondo pesante

Fase 1

Stacchiamo dai grappoli di uva bianca e nera gli acini. Schiacciamoli in un contenitore capiente lasciando anche i semini. Dobbiamo procedere per ricavarne il mosto, come se facessimo il vino, quindi in questa operazione possiamo anche aiutarci con un attrezzo da cucina, in questo caso uno schiacciapatate

Schiacciamo gli acini puliti dell'uva nera e bianca. Per pestarli meglio come se dovessimo fare il vino, possiamo anche aiutarci con un attrezzo, tipo questo schiacciapatate

Fase 2

Copriamo quindi il contenitore con un piatto, e lasciamo, fuori dal frigorifero, che il mosto cominci a fermentare: prima che compaiano le prime bollicine occorreranno da uno a due giorni. A questo punto passiamo il tutto al passaverdure senza strizzare troppo onde evitare di triturare i semini. Teniamo da parte il passato

Ecco il risultato: mosto (compreso di polpa, bucce e semini), passato al passaverdure all'inizio della fermentazione. Mettiamolo da parte

Fase 3

Versiamo i 240 g di Vin Santo in una pentola d'acciaio dal fondo pesante. Eliminiamo da mele e pere sia la buccia che il torsolo, e affettiamole sottilmente. Mettiamole nella pentola col Vin Santo. Mettiamo sotto alla pentola uno spargifiamma, incoperchiamo, e lasciamo cuocere a fuoco dolce per una decina di minuti, affinché la frutta rilasci il suo liquido. Togliamo il coperchio e continuiamo la cottura fino a che il liquido non sarà quasi del tutto evaporato. Aggiungiamo quindi il mosto, e mescolando di tanto in tanto facciamo ridurre più di quanto non faremmo per una confettura di frutta. Pazienza, tempo e amore sono i segreti per una buona riuscita in cucina…

Togliamo bucce e torsoli a mele e pere. Affettiamole sottilmente e mettiamole in pentola insieme al Vin Santo. Cuociamo incoperchiato, a fuoco dolce, per una decina di minuti. Togliamo il coperchio e lasciamo quasi evaporare del tutto il liquido. Quindi aggiungiamo il mosto, e lasciamo sobbollire a lungo, senza coperchio, mescolando di tanto in tanto.
Pazienza, tempo e amore sono i segreti per una buona riuscita in cucina…

Fase 4

Quando il composto sarà addensato (vedi foto), lasciamolo freddare completamente. Nel frattempo tritiamo più o meno finemente il cedro candito. Versiamo poi in un pentolino circa mezzo bicchiere di Vin Santo, e quando sarà ben caldo spegniamo la fiamma e sciogliamovi la polvere di senape senza lasciare grumi. Aggiungiamo al composto freddo di mosto e frutta sia il cedro che la senape. Mescoliamo con cura. Suddividiamo nel barattolini sterilizzati, battendo su un tagliere e aiutandoci con uno stecco da spiedini per togliere eventuali bolle d'aria. Puliamo l'imboccatura e copriamo con un velo di buona cannella in polvere. Tappiamo ermeticamente e conserviamo in luogo buio, fresco e asciutto dopo aver etichettato ogni barattolo. 

La nostra Mostarda Toscana si manterrà a lungo, anche più di una confettura, e non occorre sterilizzare perché la senape funge da ottimo conservante naturale permettendo sia alla mostarda che alla frutta in essa contenuta di mantenere a lungo le sue proprie caratteristiche. Sappiate che col tempo, però, la senape perderà via via sempre più la sua piccantezza, caratteristica peculiare di ogni mostarda di frutta.

Riduciamo il composto fino alla giusta consistenza. Lasciamo freddare. Aggiungiamo quindi il cedro candito tritato più o meno finemente. Sciogliamo in circa mezzo bicchiere di Vin Santo, ben caldo, la polvere di senape, ed aggiungiamola al composto. Distribuiamo nei vasetti sterilizzati avendo l'accortezza di togliere le bolle d'aria. Puliamo i bordi dei barattoli, e concludiamo con un velo di cannella. Tappiamo ermeticamente, etichettiamo e conserviamo.
Non occorre sterilizzare perché la senape funge da ottimo conservante naturale

Curiosità: le mostarde con mosto d'uva, le più antiche…

Una precisazione in più: è probabile che queste mostarde, contenendo il mosto, siano le più antiche, dato che mostarda deriva da mustum (secondo alcuni mustum ardens, ovvero mosto piccante). Poiché in passato nel mosto venivano cotti i semi di senape nera (Brassica nigra), avvenne che la senape e la relativa salsa presero in francese il nome di mustarde (moûtarde, in inglese mustard). Oggi vengono impiegati in alternativa i semi di Sinapis alba, la senape bianca che è più piccante di quella nera. 

Tornando alla Toscana. In una ricetta descritta addirittura nel Trecento si legge: "Prendi senape e macinala bene. Poi prendi del vin cotto, metti ogni cosa insieme e falla bollire un po’". Semplice: solo mosto d’uva nera, forse quella tipica locale da vino, probabilmente il canaiolo vista l'epoca, con aggiunta di senape. Un'alchimia arrivata fino ai tempi odierni. Una ricetta posteriore a quella trecentesca si trova al tempo dei Medici: era una mostarda di frutta che si preparava facendo bollire nel mosto d’uva concentrato, mele e arance, con pepe, zenzero, chiodi di garofano e altre spezie disponibili all'epoca. Le ricette di mostarda toscana che troviamo oggi contengono invece, oltre al mosto d’uva, mele o mele renette, pere, vino bianco o Vin Santo, cedro candito, cannella e naturalmente senape, variabili che vedono l'aggiunta di aceto o limone. Come abbiamo già detto questa delizia è perfetta accompagnata alla carne di suino, per i bolliti, per gli arrosti. Ma si sposa naturalmente bene anche con la carne rossa e al sangue. Da provare anche con la selvaggina e con i formaggi.

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# Galleria fotografica


Uva bianca e nera, turgida e dolce

Schiacciamo gli acini dell'uva bianca

Pesiamo, e schiacciamo anche gli acini dell'uva nera

Schiacciamo ulteriormente gli acini d'uva bianca e nera, con entrambe le mani, come se dovessimo fare il vino

Per schiacciare meglio gli acini possiamo anche aiutarci con un attrezzo, tipo questo schiacciapatate

Lasciamo fuori dal frigorifero, coperto con un piatto, finché non comincia a fermentare. Serviranno un paio di giorni

Quando il mosto comincia a fermentare, passiamo tutto al passaverdura: scarteremo così bucce e semini

Ecco il risultato: mosto filtrato all'inizio della fermentazione. Mettiamolo da parte

Passiamo al resto della frutta: abbiamo mele renette, o "reinettes" come le chiamava l'Artusi, e pere, sode e non troppo granulose

Altro ingrediente importante, il Vin Santo di buona qualità. "vino bianco, meglio se vin santo", suggerisce l'Artusi. E certamente, non solo per i palati più accorti, nel risultato finale ci sarà differenza

Versiamo 240 g di Vin Santo in una capiente pentola d'acciaio con fondo pesante

Cominciamo ad affettare sottilmente le mele dopo aver tolto loro buccia e torsolo, e mettiamole via via nella pentola col Vin Santo

Poi facciamo altrettanto con le pere: mondiamole da buccia e torsolo

Affettiamo sottilmente anche le pere, e mettiamole in pentola insieme alle mele e al Vin Santo

Poniamo la pentola sul fornello protetto da uno spargifiamma, incoperchiamo, e a fiamma dolce lasciamo andare per una decina di minuti, o fin quando la frutta avrà rilasciato il suo liquido

Togliamo il coperchio e continuiamo la cottura dolce, mescolando, fin quando il liquido non sarà quasi interamente assorbito

Quindi aggiungiamo il mosto, e lasciamo sobbollire a lungo, senza coperchio, mescolando di tanto in tanto

Cedro candito, profumatissimo, possibilmente in pezzi grandi. Ne occorreranno 120 grammi

Tritiamo il cedro candito secondo gusti: più grossolanamente se vogliamo giocare con le consistenze, o più finemente, come suggerisce la ricetta dll'Artusi

Mosto e frutta avranno raggiunto la giusta consistenza quando dopo più o meno un paio d'ore, "il composto sarà condensato alquanto più della conserva di frutta", ovvero della confettura

E' importante a questo punto lascialo freddare. Aggiungiamo quindi il cedro candito tritato, e mescoliamo

In un pentolino scaldiamo all'incirca mezzo bicchiere di Vin Santo. Scaldiamolo ben caldo e sciogliamovi i 40 grammi di senape in polvere

Aggiungiamola al composto

Mescoliamo per distribuirla bene. Sarà la senape che conserverà la nostra mostarda

Versiamo nei barattolini sterilizzati, battendoli su un tagliere ed aiutandoci con uno stecco per togliere eventuali bolle d'aria. Per sigillare abbiamo bisogno di buona cannella in polvere

Puliamo i bordi del barattolo, e concludiamo con un velo di cannella

Tappiamo ermeticamente, e conserviamo in un luogo fresco, buio e asciutto. Secondo le indicazioni dello stesso Artusi, la Mostarda Toscana è pronta, e non occorre sterilizzare

Con cosa gustare la nostra Mostarda Toscana? Con formaggi, ma soprattutto con carni lesse o arrostite. In particolare ben si sposa col maiale

Mostarda Toscana, antica ricetta ben spiegata dall'Artusi: una meraviglia quasi dimenticata, che si colloca fra le mostarde italiane che hanno come base principale il mosto d'uva