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Cuciniamo con

Cacciatora di coniglio a modo mio

Guida alla preparazione

Il nonno di mio marito, che era stato cuoco personale di un eminente personaggio  politico, definiva il coniglio lo "svergognacuoco" perché per quanto lo si cucini bene, esclusa sella e cosce le parti da mangiare rimangono ben poche. E quindi, per non far torto a nessuno e per dare l'impressione di aver molto nel piatto, mi insegnò a tagliarlo in piccoli pezzi. E così faccio da anni ormai. La ricetta che cuciniamo oggi è una specie di coniglio alla cacciatora, che vario di volta in volta a seconda delle erbe aromatiche che ho a disposizione. E se ne ho, aggiungo anche una manciata di olive. Vediamo come fare...


Tempo di cottura: 60 minuti

Porzioni: 4

Ingredienti: un bel coniglio grande; olio e.v.o. italiano di ottima qualità; 1 rametto di rosmarino; rametti di timo e di maggiorana; 1 bicchiere di vino bianco secco; 1/2 bicchiere di aceto di vino bianco; 3 spicchi di aglio; sale grosso e sale fino qb; pepe nero macinato al momento; una manciata di olive nere saporite al forno

Occorrente: una capace padella o tegame; un mortaio

Fase 1

Una volta, quando i conigli erano "di casa" e sapevano un po' troppo di selvatico, i pezzi si mettevano in padella, si cospargevano di sale fino e si incoperchiava. Dopo qualche minuto la carne espelleva il liquido, che andava buttato; quindi si aggiungevano olio ed odori e si iniziava a rosolare. Con i conigli di oggi questo non è più necessario. Dunque riduciamo il coniglio in piccoli pezzi. Prendiamo una padella abbastanza grande per contenere comodamente il tutto; versiamo una generosa dose di buon olio extravergine e quando giunge a temperatura aggiungiamo il coniglio e iniziamo a rosolare a fuoco basso girando e rigirando i pezzi di carne. Teniamo da parte il fegato altrimenti diventerà duro e immangiabile.

Portiamo l'olio a temperatura ed iniziamo a rosolare

Fase 2

Intanto occupiamoci delle nostre erbe aromatiche, che andranno "piloccate". La Pilocca non è altro che il mortaio in gergo romanesco ma credo anche laziale, di legno o di marmo, in cui si pestano degli alimenti col pestello. Quindi piloccare vuol dire pestare o schiacciare. Dunque mettiamo nel mortaio gli aghi di rosmarino tritati grossolanamente, e le foglioline di timo e di maggiorana "sfilate" dallo stelo. Aggiungiamo 3 spicchi di aglio svestiti e tagliati in pezzi, un po' di sale grosso, un po' di vino e un po' di aceto, e schiacciamo bene cercando di ridurre in poltiglia l'aglio e di far fuoriuscire le essenze dalle erbe.

Intanto occupiamoci dell'aglio e delle erbe aromatiche

Fase 3

Nel frattempo il coniglio sarà ben rosolato (occorreranno una ventina di minuti a fuoco basso). Dunque distribuiamo il contenuto della pilocca sui pezzi di coniglio, bagniamolo col liquido, e con il restante vino ed aceto. Pepiamo di pepe nero macinato fresco e incoperchiamo. Dopo una decina di minuti aggiungiamo le olive e aggiustiamo di sale (abbiamo già messo del sale grosso).

Dopo una decina di minuti le olive…

Fase 4

Mancano ancora una ventina di minuti alla cottura; a dieci minuti dalla fine mettiamo il fegato. Se serve aggiungiamo via via un goccino di acqua. Non facciamo mai asciugare troppo il coniglio, e se accade a fine cottura aggiungiamo al fondo della padella un po' di acqua e con la paletta di legno grattiamolo. Così torneremo ad avere il sughetto da servire col coniglio, in cui intingere del buon pane casareccio.

Che altro dire davanti ad un piatto così, cucinato con amore?

Note

Per olive saporite al forno si intende olive nere trattate con aromi e sale e poi appassite in forno. In mancanza di queste possiamo usare olive baresane mature oppure taggiasche o toscane.

Curiosità

Lo sapevate che i conigli in natura, tranne che per una sola specie, hanno l'abitudine di vivere in gallerie scavate nel terreno? Infatti sull'isola di Ischia, molto noto è il coniglio di fosso (o di fossa). I fossi erano, e in alcuni casi ancora sono, delle aperture praticate dai contadini nei loro poderi. Più o meno lunghi, erano profondi all'incirca due metri. Lì le famiglie ischitane allevavano allo stato semibrado i conigli, gettando all'interno dei fossi il fieno o il mangiare fresco.

I conigli scavavano le tane e lì vivevano e si riproducevano, e ne uscivano per mangiare. Allora, un meccanismo rudimentale chiudeva l'ingresso della tana per permetterne la cattura. E vi parrà strano per un'isola: con tanto pesce a disposizione, il suo piatto principe è proprio il coniglio all'ischitana, presente sulle tavole domenicali, nei matrimoni e in ogni festa ormai da secoli (presto la ricetta su "Cuciniamoinsieme.it").

Cosa beviamo

Un Piedirosso d'Ischia, o un Chianti dei Colli senesi o un Rossese di Dolceacqua.

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